Ieri Anna ha tirato fuori una borsa di ritagli di tessuto che le aveva regalato la mamma di una sua amica... e mi ha chiesto di fare dei vestiti per le barbie: solo che io non so cucire!!!!
Non è la prima volta che faccioVestiti per la Barbie, ma è la prima volta che uso ago e filo.
Comunque mi sono messa all'opera ed ho prodotto un vestitino a tubino in jeans. Per la chiusura ho utilizzato uno step in velcro, cucito rigorosamente a mano ;)
haute couture ;)
Notare il secondo strep per far aderire meglio l'abito al punto vita !!!
Poi, con ago e filo elastico, quello per le collane, ho prodotto anche questo completino che fa tanto Anni'60.
La gonna è elastica in vita, così come il top è elastico nella parte alta.
Alla fine anche Anna ha voluto provare l'ebbrezza della sartoria ed ha cucito un grembiule per Barbie.
Anna ha sentenziato che potri fare un corso di cucito e comperarmi una macchina da cucire: sarebbe utile!
E chi l'ha detto che Veg debba essere lungo e complicato? Ecco una ricettina trovata in rete e opportunamente adattata ai nostri gusti e alla mia poca voglia di cucinare in questi giorni.
Ingredienti:
400 gr di spinaci già lavati coop
2 confezioni di ceci cotti coop (circa 400gr)
1 cucchiaino di buon curry masala
1punta di cucchiaino di paprica piccante
3 cucchiai di farina di ceci
uno spicchio d'aglio
olio EVO qb
sale qb
Frullare i ceci cotti con un minipimer ad immersione.
Far saltare gli spinaci con olio e aglio tritato, fare in modo che si asciughino bene.
Una volta cotti unirli ai ceci salare, aggiungere paprika e curry e frullare fino ad amalgamare.
Aggiungere anche la farina di ceci e mescolare con un cucchiaio.
Rivestire una placca da forno con della carta da forno, dopo averla unta, usando due cucchiai formate delle quenelle con il composto e adagiatele sulla placca.
Riponete la placca nel frigorifero per mezz'ora e poi infornate le a 180°C, forno ventilato, per 20 minuti.
La ricetta l'ho trovata su FBscritta da Francesco B. un membro del gruppo GO VEGAN GO!
Poi io l'ho leggermente modificata, una modifica è stata involontaria... non avevo letto che le carote andassero prima cotte, quindi le ho solo grattugiate sottili, sottili... l'eliminazione dei semi di sesamo invece è dovuta al Comandante che li detesta!
Inoltre li ho cotti al forno e non fritti (fondamentalmente perché non so friggere), non ho aggiunto acqua alla farina di ceci, ma l'ho usata per assorbire il liquido rilasciato dalle barbabietole grattugiate.
Non ho usato timo e altri insaporitori e neppure il prezzemolo (quest'ultimo perché non piace a me!)
Ingredienti (tra parentesi le mie modifiche):
·3-4
barbabietole rosse cotte al vapore (4 barbabietole precotte)
·4
carote cotte al vapore (4 carote crude grattugiate molto sottilmente)
·1
cipolla rossa
·Pane grattugiato (q.b.)
·Semi di sesamo
·concentrato di pomodoro (2 cucchiai)
·100 gr di mandorle frullate (farina di mandorle)
·olio extravergine d’oliva (per ungere la carta da forno)
·farina di ceci (3 cucchiai)
·prezzemolo tritato
·timo secco
·acqua qb
·sale qb
·altre spezie a piacere secondo
gusto (io spezie per arrosto)
·pepe qb
Far appassire la cipolla con un po' d'olio.
Grattugiare le barbabietole e unirle alle carote.
Aggiungere la farina di ceci, la farina di mandorle, la cipolla e il pan grattato fino ad ottenere un impasto abbastanza sodo. Aggiungere sale e pepe a gusto.
Lasciar riposare l'impasto per almeno mezz'ora in frigorifero, coperto da una pellicola.
Ricoprire la leccarda del forno con un foglio di carta da forno, ungerla e formarvi sopra gli Hamburger aiutandosi con un coppa pasta tondo.
Cuocere in forno ventilato, già caldo, a 180°C per 20 minuti circa.
Attendere qualche minuto prima di servire, in modo che gli hamburger si intiepidiscano e si rassodino.
Servire al piatto con insalata oppure in un panino da hamburger... in ogni caso con una senape corposa che possa contrastare il sapore dolciastro dell'impasto a base di barbabietola!
Qui l'hamburger è servito con contorno di Kofta ai ceci e spinaci!
Alcune notizie sulle proprietà della Barbabietola
Contiene antiossidanti
Le barbabietole sono una delle verdure più antiossidanti. I flavonoidi contenuti nelle barbabietole permettono di combattere i radicali liberi e quindi di ridurre i rischi di cancro, malattie cardiovascolari e alcune malattie croniche.
La betanina, che le conferisce il suo bel colore rosso, ridurrebbe anche il rischio di cancro della pelle, del fegato e dei polmoni. È disintossicante
La betacianina, una forma di betanina, agisce per tonificare il sistema immunitario e purificare il sangue. Funziona anche per rimuovere le tossine dal corpo. Le barbabietole sono un valido aiuto per la disintossicazione, soprattutto se mescolate con l'aglio.
Contribuisce alla salute degli occhi
Le foglie di barbabietola sono un ottimo alleato per prevenire la degenerazione degli occhi. I carotenoidi di queste foglie preservano gli occhi e riducono il rischio di cataratta e retinite pigmentosa.
Migliora le prestazioni sportive
Le barbabietole contengono nitrati, che vengono convertiti in ossido nitrico e aiutano i muscoli a consumare meno ossigeno durante l'esercizio. Si ritiene che il consumo di succo di barbabietola prima di un allenamento renda più efficienti.
Aiuta a ridurre lo stress
Le barbabietole sono ricche di antiossidanti e vitamine, e uno dei benefici degli antiossidanti è la riduzione dello stress ossidativo, causato dalla presenza di troppi radicali liberi. Troppi di questi radicali possono favorire lo stress psicologico, quindi gli antiossidanti aiutano a ristabilire l'equilibrio e hanno il vantaggio di ridurre il nostro stress ... come con il cioccolato fondente 😉
Una tortina semplice e gustosa senza proteine animali, veloce da fare, ottima per la merenda ma anche dopo pasto. Utile quando si deve portare ad una festicciola dove potrebbe esserci qualche soggetto allergico.
Ho trovato varie ricette in rete e ne ho ricucita una a mio gusto!
Ingredienti:
200gr di farina "00"
50gr di fecola di patate
120gr di zucchero
1 pizzico di sale
1 bustina di lievito
4 cucchiai di semi di papavero (a gusto proprio)
1 cucchiaino colmo di curcuma (trucchetto per dare colore all'impasto)
raspatura di un limone bio
40ml di succo di limone
40 ml di olio di semi di girasole
200ml di latte di soja
Setacciare la farina con la fecola, il lievito, la curcuma.
Aggiungere i semi di papavero.
Miscelare la raspatura di limone con lo zucchero e il sale ed aggiungerla alla farina.
Aggiungere lentamente i liquidi mescolando: limone, latte di soja e infine l'olio.
Foderare il fondo di uno stampo a cerniera da 20cm con la carta da forno. Ungere tutto con poco olio.
Versare l'impasto nella tortiera.
Cuocere in forno già caldo a 180°gr per 30minuti, lasciar riposare nel forno spento altri 5 minuti.
Un libro molto interessante, utile per glia atleti, ma non solo. Molto utile anche per i genitori per insegnare ai propri figli a trovare le motivazioni dentro sé stessi e non negli altri. Soprattutto per questa generazione di bambini abituati costantemente al rinforzo positivo proveniente dall'esterno, bambini che non sanno accettare i loro errori, che devono imputare ad altri i motivi dei propri fallimenti.
Questo libro insegna a trarre la forza da sé stessi e non dalle motivazioni esterne.
Io l'ho trovato molto utile sia come aiuto per gli atleti che come guida per i genitori!
Dalla quarta di copertina:
L'uomo per natura non è un centometrista, è un maratoneta: questo è il risultato di due milioni di anni di evoluzione e adattamento all'ambiente circostante come dimostrano le più recenti teorie scientifiche sull'evoluzione umana. Il suo scatto non gli consentirà mai di raggiungere un'antilope, ma la sua resistenza e la sua motivazione sì. Purché sappia coltivarle e mantenerle salde nel tempo. Questa è la lezione che Pietro Trabucchi, psicologo e coach di atleti che praticano le discipline più dure dell'universo sportivo, come l'ultramaratona, ci insegna in questo libro. Il problema è che nella vita e nella società di oggi, la nostra più intima natura viene ostacolata da elementi estranei e fuorvianti come il mito del talento, la sopravvalutazione del potere degli incentivi o la leggenda dei motivatori esterni. Sempre più spesso crediamo che sia possibile avere successo in qualcosa nello sport, nello studio, nel lavoro solo se «siamo portati» oppure se riceviamo una spinta o una ricompensa che prescindono dall'intima soddisfazione di svolgere bene ciò che ci prefiggiamo. Siamo motivati, certo, abbiamo delle ambizioni, degli scopi, ma molto spesso non riusciamo a mantenere con costanza la nostra motivazione. Ci sentiamo frustrati perché non abbiamo subito successo, ci sentiamo demoralizzati se qualcuno non ci incita continuamente, ci sentiamo defraudati se non riceviamo un «premio» per i nostri sforzi. In sostanza sempre più spesso siamo condannati a sentirci dei falliti. E cerchiamo la causa del nostro fallimento fuori da noi, invece che dentro di noi, nel fatto che non «alleniamo» adeguatamente la nostra «resilienza» ovvero la nostra capacità di far durare la motivazione nel tempo. Come coach, Pietro Trabucchi insegna in primo luogo a trovare e mantenere in se stessi la forza di raggiungere un obiettivo; e a costruire con gli altri, compagni e allenatori, ma anche colleghi e superiori, figli e genitori, un sistema sano di relazioni in cui ognuno trova il suo ruolo, mostra le sue capacità e ottiene i suoi obiettivi aumentando la propria autostima e migliorando qualità della propria vita e quella del gruppo in cui si muove, sia esso un team sportivo, un'azienda o una famiglia.
Ho sempre usato l'argilla per uso esterno, applicando egli impacchi di argilla e acqua. Sapevo delle sue proprietà utili a risolvere problemi della pelle come l'acne, le dermatiti, scottature ma anche problemi articolari, ossei e muscolari
come distorsioni, contusioni, fratture e dolori reumatici. Io l'ho usata spesso in caso di lividi, durante il periodo di attività sportiva. Una volta ho drenato un ristagno di liquidi dopo una rovinosa caduta in bicicletta, solo applicando costantemente un impacco a base di argilla... ci ho messo un po' ma poi non si è più riformato!
Ora ho invece deciso di sfruttare le proprietà depuranti dell'Argilla Verde Ventilata. L'argilla è ricca di oligo elementi e minerali come silice,
ferro, calcio, magnesio e potassio, ha quindi un forte potere
rimineralizzante oltre che antisettico, assorbente, battericida e cicatrizzante. Contribuisce inoltre a de-acidificare il corpodato il suo Ph leggermente alcalino. L'argilla ventilata ha grandi capacità assorbenti grazie alle quali ha una forte capacità chelante, ed è quindi molto utile per disintossicarsi dai metalli pesanti o altre sostanze tossiche presenti nell'organismo. Sciogliere un cucchiaino da caffè di Argilla Verde in un bicchiere d'acqua, mescolare con un cucchiaino in legno plastico (NON metallo) e lasciar decantare tutta la notte. Importante che l'argilla non venga a contatto con il metallo poiché essa è molto assorbente!!! Alla mattina, a digiuno, bere l'acqua lasciando lì il deposito di argilla. Questa operazione va ripetuta tutte le mattine per un mese, poi bisognerebbe fare 10 giorni di pausa è ripetere per un altro mese. I benefici di questo trattamento sono: depurazione di sangue e
pelle, disintossicazione dell’apparato digerente e stimolazione delle naturali
funzioni di fegato, bile e reni. L'argilla è anche in grado di cedere piccole quantità di energia elettromagnetica all'organismo, rifornendolo quindi di una po' di sprint in più ;) L'uso dell'argilla potrebbe povocare una leggera stitichezza ... nel caso si può provvedere con l'assunzione di semi di lino o prugne cotte.
Da un po' di tempo volevo cimentarmi nell'autopoduzione di sapone, ma ancora non mi ero decisa... domenica ho voluto iniziare con qualcosa di facile e mi sono limitata a rilavorare un sapone di Marsiglia, aromatizzandolo con i fondi di caffè.
Il prossimo passo sarà sicuramente quello di produrre del sapone all'olio d'oliva con soda custica, metodo "a freddo" sennò i tocca comperare il termometro...
Spesso ho usato i fondi del caffè per togliere i cattivi odori dalle stoviglie,un specie di pre lavaggio che ho imparato dalla mia mamma, ma non avevo mai pensato di aggiungere i fondi al sapone per togliere i cattivi odori anche dalle mani!
Quando ho letto la ricetta ho subito pensato di realizzarla.
Ora sono in attesa che le mie saponette si asciughino per provare ad usarle.
Ancora un compleanno ed ancora un regalo personalizzato ... oramai ci abbiamo preso gusto ;)
Questa volta l'opera a 4 mani ha visto coinvolte Anna e una sua compagna di classe: hanno voluto decorare la maglietta con un Kraken, un polipo gigante, un mostro marino leggendario... la passione del festeggiato!
Ho trovato un disegno semplice in rete e l'ho ricopiato sulla maglietta con un pennarello nero e poi loro hanno provveduto a dipingerlo con pennelli e colori da stoffa.
Poi il mare lo hanno dipinto intingendo i cotton fioc nella tempera, con una tecnica già più volte collaudata sia su carta che su vetro.
Sul retro... il marchio di fabbrica!!!!
Altri suggerimenti per decorare, magliette e non solo, con i colori per stoffa:
Ancora una ricetta Veg, in onore di questi 21 giorni.
Pensare che io gli gnocchi veri e propri non li ho mai fatti... quindi non è stato un gran trauma non usare l'uovo ;) la ricetta a cui mi sono ispirata prevedeva un condimento a base di bottarga... ma io ho preferito veganizzare in toto il piatto, dato che già gli gnocchi erano senza uova!
ingredienti:
200gr di cavolfiore tagliato a cimette (io avevo un cavolfiore medio ... ma non l'ho pesato)
300gr di miglio
farina q.b.
salsa di pomodoro o altro a piacere per condire
Mettete le cimette di cavolo e il miglio nella pentola ed aggiungere acqua in volume pari al cereale e cuocere per 25 minuti, fino all'assortimento totale dell'acqua. Frullare il composto, una volta intiepidito aggiungere farina q.b. per renderlo lavorabile e formare gli gnocchi in modo tradizionale. A questo punto io li ho messi a congelare e poi li ho cotti in acqua bollente e salata il giorno successivo. Una volta cotti li ho adagiati in una pirofila con della salsa al pomodoro, cipolla e basilico e ripassati in forno a 180°C per 15 minuti circa.
Riccardo Mannoni ha costruito il
suo sogno, su quella collina, quella collina sulla quale non
c’era quasi nulla, solo una vigna non curata e un casolare abbandonato.
Inizia con un gruppo di adepti
che credono in lui, lo seguono come un guru …. Poi, per caso questa comunità incrocia
il mondo della tossicodipendenza e con "metodi" nuovi per l’epoca, riesce a
salvare il paziente zero dall'eroina.
Ha inizio quindi un pellegrinaggio
di anime disperate, di giovani tossici, di famiglie allo stremo che chiedono a
Riccardo di aiutarli ad uscire dall'incubo della droga, la piaga sociale di quegli
anni, contro la quale pare non esserci rimedio, se non la via intrapresa dalla
comunità sulla collina.
Tutto sembra perfetto, Riccardo
promette a chiunque varchi quel cancello la salvezza, rispettando le regole della
Collina chiunque potrà scoprire la vera libertà del vivere in comunione con gli altri, una libertà
che nulla ha a che vedere con la libertà effimera data dagli eccessi offerti dalla droga, una falsa idea di libertà che finisce invece col diventare una prigione, la prigione dei più bassi istinti.
Tutto sembra perfetto … un luogo
immerso nella natura, dove tutti hanno da dormire e da mangiare, dove tutti
hanno un lavoro che li impegna e li fa diventare responsabili.
Tutti lavorano e sono uguali, il denaro
non esiste, esistono invece l'impegno, il lavoro e l'osservanza delle regole.
Tutto sembra perfetto, quel luogo
sembra la salvezza dall'eroina, la piaga di quegli anni. Ma molti non sanno, oppure fingono di non sapere, le autorità non sanno... non sanno che quel paradiso non è proprio un paradiso, dal quale
inoltre è impossibile uscire, impossibile scappare. Chi scappa viene ricondotto all'ovile con metodi poco gentili e al rientro alla collina le punizioni sono
terribili. Ci sono gli addetti per questo lavoro, sono uomini fidati di
Riccardo, sono “gli angeli” che svolgono
alacremente questo compito, chi tenta la fuga viene ripreso e riportato
indietro in qualunque modo e con qualunque mezzo, sempre. E la salvezza dall'eroina passa spesso
per l’umiliazione pubblica, le botte, le catene, le celle d’isolamento... il
suicidio.
Una cura contro la dipendenza che ha piuttosto
il sapore di una condanna.
All'interno della comunità tutto
è controllato, regolato: non solo il lavoro, gli orari, il cibo ma anche la
musica che si può ascoltare, le persone che si possono frequentare, che si
possono amare.
Uno dei protagonisti di questo
libro è Ivan, diventato braccio destro, autista, uomo di fiducia di Riccardo. Ha creduto in Riccardo, ha creduto nella sua offerta di
salvezza e poi ha saputo guadagnarsi la sua fiducia, diventando il suo autista,
ovvero la persona a cui affidare i
compiti più delicati. In comunità Ivan ha conosciuto Barbara, una ragazza impulsiva e ribelle, che non sa e non vuole adattarsi al clima della Collina. Ivan e Barbara
si innamorano e si sposano, si possono sposare perché hanno ottenuto il benestare di Riccardo. Perché è Riccardo a dire se puoi amare, e chi puoi amare e chi, a volte, devi imparare ad odiare, per il bene della comunità La storia di Marco è diversa, lui cede all'amore di una dolce ragazza, ma poi si pente di questo amore clandestino, lo confessa a Riccardo e questo procura un'aspra punizione e un'umiliazione pubblica alla ragazza che viene insultata coram populo e poi sottoposta a rasatura dei capelli. Mentre Lui viene premiato con un ruolo da responsabile, per aver saputo riconoscere l'errore...
Dalla storia tra Ivan e Barbara nasce una bimba: Valentina. Valentina nasce sulla Collina e lì cresce fino ai 4 anni. Per un bambino la Collina è un giardino incantato
immerso nel verde dove tutti hanno da dormire e da mangiare, non ci sono pericoli, si può scorrazzare liberamente ... ma non è così per gli adulti, quindi ad un certo
punto i suoi genitori decidono di provare a vivere fuori dalla comunità …
questo tentativo sarà un fallimento che costringerà la famigliola a rientrare
in Collina e costringerà Ivan a dimostrarsi all'altezza della fiducia di
Riccardo, diventando così il suo prediletto, vincolando così le sorti
della propria famiglia….
Un intervista all'autrice del libroqui fatta alle Invasioni Barbariche.
La Collina è un romanzo epico, la storia di una famiglia che si unisce a quella di tanti uomini e donne che hanno abitato quel mondo sperando di tornare alla luce. È il racconto incalzante e appassionato di una voce candida che cuce insieme i fili di tanti destini, i salvati e i sommersi che in nome della guerra alla droga hanno finito spesso per sacrificare se stessi. A Delogu
Navigando in rete, alla ricerca di informazioni riguardo la Collina, che ovviamente è San Patrignano, ho trovato questo sitoLa Mappa Perdutache raccoglie testimonianze degli ex ospiti della comunità, di quella che fu la Comunità per eccellenza di quegli anni, perlomeno nell'immaginario collettivo. Fino a quando ad ottobre del 1980 scoppia lo scandalo...
...il 28 ottobre 1980 una ragazza di ventitré anni, Maria Rosa Cesarini, si presenta alla squadra mobile di Forlì raccontando di essere fuggita da S. Patrignano dopo essere stata rinchiusa per sedici giorni in una piccionaia.Quando i poliziotti irrompono nella comunità, trovano Luciano Rubini e Leonardo Biagiotti incatenati in due locali usati come canile, Marco Marcello Costi incatenato alla porta in ferro di un locale di tre metri per uno e Massimo Sola incatenato ad un manufatto adibito a colombaia....
...Vincenzo Muccioli viene arrestato con alcuni suoi collaboratori e imprigionato per un mese; il processo verrà tenuto quattro anni più tardi e finirà con una condanna a venti mesi per Muccioli in primo grado e assoluzione in appello....
Non so voi, ma io me lo ricordo Muccioli in televisione, me la ricordo l'Italia divisa in due, tra chi sosteneva che i metodi fossero estremi e chi sosteneva che con i tossici non ci fosse altra possibilità.
Mi ricordo le interviste di lui contornato dai SUOI ragazzi, quelli ai quali voleva bene come ad un padre.
Mi ricordo che pensavo "Ok, è vero, ha dei metodi un po' brutali, incatena i ragazzi al letto perchè non scappino e non riprendano a farsi. Se fossi una tossicodipendente vorrei che facessero di tutto per disintossicarmi" ... ma avevo solo 12 anni e non sapevo che le persone in comunità non morivano per la droga, non morivano per le crisi d'astinenza, morivano per i pestaggi, per le torture, punite per non essere state alle regole.
... altri morirono suicidi e anche a questo non veniva dato peso ... un tossico che si suicida non è poi una gran stranezza ...
"Dopo il primo suicidio, quello di Gabriele Di Paola, (gli altri furono quelli di Natalia Berla, il giorno seguente, e Fioralba Petrucci avvenuto di lì a breve) Muccioli mi ordinò di portare via i venti ospiti della manutenzione, il carcere della comunità. Di notte con due furgoni e qualche macchina insieme a Toto, Paro-Paro, Sebastiano e Franchino partimmo per la comunità di Botticella (é una comunità satellite di SanPa, ndr). L'obiettivo era far scomparire testimoni scomodi in un periodo in cui la comunità era tenuta d'occhio dalla polizia. Passammo due mesi vivendo da re".E interrogato sul perché dei sospetti sul suicidio: "Io l'ho visto cadere, ma non so come ha fatto a precipitare per venti metri con la faccia rivolta verso il muro. L'ho sentito gridare “No, no”, ho visto che cercava di aggrapparsi a qualcosa, senza riuscirci. Quando sono corso verso di lui era morto. Il giorno dopo Natalia Berla é scivolata fuori da un finestrino piccolissimo, ma noi eravamo già in montagna a divertirci"Claudio Ghira, ex-medico di S. Patrignano
Stefano Ippolito, uno degli ex di San Patrignano, davanti al magistrato di Rimini Paolo Gengarelli. "Natalia era picchiata sistematicamente - ha raccontato - Si presentava in mensa con gli occhi neri, le labbra gonfie. Un giorno mi ha consegnato un bigliettino di nascosto. ' Telefona ai miei genitori, dì loro che mi vengano a prendere' , c' era scritto sopra. Qualcuno ha visto quel gesto furtivo e ha portato via di peso la ragazza. Io non ho avuto la possibilità di comunicare fuori, a Sanpa i telefoni sono sotto controllo. Il giorno dopo Natalia è volata dalla finestra. Ricordo che c' era una balaustra. Chissà, forse potrebbe esserci stata anche una collutazione" -articolo su La Repubblica del 1994
Quando son diventata un po' più grande, per me, qualcosa stonava nel fatto che tanti ragazzi volessero restare in comunità anche dopo la disintossicazione, che non tornassero alla vita reale.
Pareva che fossero deboli, non in grado di cavarsela all'esterno... forse, in realtà erano aiutati a smettere di usare la droga, ma non venivano mai emancipati dalla comunità, non venivano preparati a volare con le loro ali. Leggendo il libro e anche le testimonianze si capisce che uscire da lì era quasi impossibile.
Lo si capisce bene da questo Regolamento di Sampa non ufficiale.
Dopo il processo,soprattutto dopo il ritrovamento dei ragazzi imprigionati, alcuni dei luoghi di prigionia di San Patrignano erano entrati nel linguaggio comune, almeno dalle mie parti... ricordo che si diceva "in piccionaia" per definire una punizione brutale...
Il punto è che, in quegli anni, i tossici erano solo tossici, gente che si era messa nei guai di propria volontà, gente che se l'era cercata e che creava problemi, che generava criminalità e violenza... forse per questo l'opinione pubblica non si è troppo interessata a ciò che realmente accadeva oltre quel cancello.
Voi che ricordi avete di quegli anni, degli anni dell'eroina?
Cosa ne pensate delle comunità?
Saranno state davvero utili?
Forse a qualcuno sì, forse qualcuna sì...
Un buon modo di iniziare la giornata.
Basta prendersi un po' di tempo, svegliarsi un po' prima,
alzarsi prima delle bambine e fare il Saluto al Sole nella casa silenziosa.
Buona giornata a Tutti
La torta di carote è un classico ... vi ricordate le Camille che ho fatto tempo fa?
Avevano avuto un successone con le bambine, per cui oggi ho provato a ri -veganizzare la ricetta della torta di carote. Ne avevo fatta una versione simile quiperò senza mixare le farine ... oggi ho tentato un'altra variante.
Un'ottima soluzione per la colazione del mattino, da accompagnare ad una spremuta di agrumi.
Pratica anche per la merenda a scuola perché non unge e non sporca.
Ingredienti:
250gr di carote grattugiate finemente
50gr di mandorle ridotte a farina
100gr di farina integrale
150gr di farina 00
50gr di fecola di patate
120gr di zucchero
200ml di latte vegetale
80gr di olio di semi
1 bustina di lievito per dolci
gocce di cioccolato
Ho usato uno stampo da plumcake ma era troppo grande, l'ideale sarebbe uno stampo da 24cm di diametro.
Cuocere a 180°C per 35/40 minuti ... vale la prova stecchino.