« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata [...] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero. » |
(legge 30 marzo 2004 n. 92) |
Per non dimenticare l'esodo degli
Istriani, Fiumani e Dalmati. Alla fine della seconda guerra mondiale 350.000
italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia hanno dovuto abbandonare tutto, la casa, i
beni, il lavoro, per fuggire dalla furia dell'occupazione slavo-comunista.
La tragedia delle foibe fa parte della storia di una
Regione della nostra Patria che c'era una volta e che oggi non c'è più: "Friuli
Venezia Giulia".
Racchiusa tra le Alpi Giulie a nord e l'Adriatico a sud;
fra il fiume Isonzo ad ovest, e ad est la displuviale che, da monte Tricorno
digrada su monte Nevoso e su monte Maggiore prima di scendere sul golfo del
Quarnaro.
Comprendeva cinque Province: Trieste, Gorizia, Pola in Istria, Fiume nel Carnaro e Zara in Dalmazia.
Di queste città solo due sono rimaste all'Italia: Trieste
e Gorizia.
Era stata chiamata "Venezia Giulia" nel 1863 da
uno dei più grandi glottologi del XIX secolo: il Goriziano Graziadio Isaia
ASCOLI.
La Regione è
stata da sempre italiana, per ragioni geografiche, storiche, di lingua e di
costume.
Con la
salita al potere del Maresciallo Josip Broz detto Tito, vi fu una triste svolta
nel destino di queste terre.
Tito, capo delle formazioni partigiane slavo comuniste
insorte alla fine del 1943 per liberare la Jugoslavia dagli eserciti stranieri
e dalle bande degli Ustascia (nazionalisti Croati) e dei Cetnici (Monarchici
Serbi), inserì nei suoi piani non solo l'annessione di tutta la Venezia Giulia
alla nascente "Repubblica Federativa socialista dei Paesi Slavi del
Sud", ma addirittura la cacciata dalla Zona di tutti gli Italiani che pure
da millenni risiedevano in quei luoghi, intendendo quindi sostituirsi alla
popolazione autoctona.
Lo scopo del Dittatore croato era chiaro: imprimere alla
conquista militare il carattere dell'irreversibilità!
Tale disegno, puntualmente realizzato, fu candidamente
ammesso da Milovan Gilas, suo braccio destro, in un'intervista concessa nel
1991 al settimanale "Panorama":
« Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito
in Istria ad organizzare la propaganda antitaliana. Si trattava di
dimostrare alle autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non
italiane. Certo che non era vero. O meglio lo era solo in parte, perché in
realtà gli italiani erano la maggioranza nei centri abitati, anche se non nei
villaggi. Ma bisognava indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni
di ogni tipo. E così fu fatto »
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(Milovan Gilas)
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A
Trieste,a differenza delle altre città italiane, la liberazione alla fine della
seconda guerra mondiale, è coincisa con l'inizio di un incubo: per
quaranta giorni le truppe partigiane e comuniste del maresciallo Tito hanno
imperversato a Trieste torturando, uccidendo e deportando migliaia di cittadini innocenti, o
talvolta colpevoli solo di essere italiani o anticomunisti. A guerra ormai finita, migliaia di
persone hanno perso la vita per mano di partigiani comunisti.
Le foibe di Trieste
di Manlio
Visintini – 2011
...Graffi sulle rocce
ai bordi delle foibe,
forse dita alla ricerca
d’un appiglio
per non volare
nel freddo buio.
Urla, nomi e forse
sussurri dal cuore
tingevano di sangue
l’aria azzurra...
Spari nel celeste
spaventavan i passeri
sentinelle sui rami,
vermiglio sommàcco
impallidiva alla Luna,
case vuote,
scrostate,
carretti farciti di cose
verso il nulla,
l’Istria sciolta
come ghiaccio nel bicchiere,
ricordi coperti di brina
luccicano al Sole
come diamanti,
e ancora vaghe urla
salgono dal nero di seppia,
macerandosi e trovando pace
tra le bianche macchie dei caprioli,
tra le loro ciglia,
in questo nostro Carso
dove il vecchio dolore
...è nuova vita.
Io ancora non mi capacito che ci siano state cose così atroci. Questa delle foibe è forse una tragedia meno nota rispetto ad altre, ma è ugualmente terribile...
RispondiEliminaCome dice il Comandante, le atrocità sono tantissime... noi ricordiamo quelle più vicine a noi... si fa quel che si può.
EliminaBisogna costruire una memoria collettiva per fare in modo di arginare questo tipo di orrori. A Bolzano é stato intitolato uno spazio pubblico a Norma Cossetto, una vittima delle foibe.
RispondiEliminaInfatti, la memoria collettiva è importantissima... spero che la scuola sia d'aiuto in questo.
EliminaLieta di sapere che qualcun altro ricorda anche questo terribile episodio della storia italiana e non solo l'altro, ugualmente atroce, purtroppo durato più a lungo, certamente molto più noto..
RispondiEliminasarebbe bello se fosse dato più spazio a questo giorno...per non dimenticare, mai.
Sarebbe bello ricordare anche le tragedie meno famose.
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