domenica 10 febbraio 2013

Giorno del ricordo

« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata [...] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero. »
(legge 30 marzo 2004 n. 92)

Per non dimenticare l'esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati. Alla fine della seconda guerra mondiale 350.000 italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia hanno dovuto abbandonare tutto, la casa, i beni, il lavoro, per fuggire dalla furia dell'occupazione slavo-comunista.

La tragedia delle foibe fa parte della storia di una Regione della nostra Patria che c'era una volta e che oggi non c'è più: "Friuli Venezia Giulia".
Racchiusa tra le Alpi Giulie a nord e l'Adriatico a sud; fra il fiume Isonzo ad ovest, e ad est la displuviale che, da monte Tricorno digrada su monte Nevoso e su monte Maggiore prima di scendere sul golfo del Quarnaro.
Comprendeva cinque Province: Trieste, Gorizia, Pola in Istria, Fiume nel Carnaro e Zara in Dalmazia.
Di queste città solo due sono rimaste all'Italia: Trieste e Gorizia.
Era stata chiamata "Venezia Giulia" nel 1863 da uno dei più grandi glottologi del XIX secolo: il Goriziano Graziadio Isaia ASCOLI.
La Regione è stata da sempre italiana, per ragioni geografiche, storiche, di lingua e di costume.
Con la salita al potere del Maresciallo Josip Broz detto Tito, vi fu una triste svolta nel destino di queste terre.
Tito, capo delle formazioni partigiane slavo comuniste insorte alla fine del 1943 per liberare la Jugoslavia dagli eserciti stranieri e dalle bande degli Ustascia (nazionalisti Croati) e dei Cetnici (Monarchici Serbi), inserì nei suoi piani non solo l'annessione di tutta la Venezia Giulia alla nascente "Repubblica Federativa socialista dei Paesi Slavi del Sud", ma addirittura la cacciata dalla Zona di tutti gli Italiani che pure da millenni risiedevano in quei luoghi, intendendo quindi sostituirsi alla popolazione autoctona.
Lo scopo del Dittatore croato era chiaro: imprimere alla conquista militare il carattere dell'irreversibilità!
Tale disegno, puntualmente realizzato, fu candidamente ammesso da Milovan Gilas, suo braccio destro, in un'intervista concessa nel 1991 al settimanale "Panorama":
« Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria ad organizzare la propaganda antitaliana. Si trattava di dimostrare alle autorità alleate che quelle terre erano jugoslave e non italiane. Certo che non era vero. O meglio lo era solo in parte, perché in realtà gli italiani erano la maggioranza nei centri abitati, anche se non nei villaggi. Ma bisognava indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto »
(Milovan Gilas)
A Trieste,a differenza delle altre città italiane, la liberazione alla fine della seconda guerra mondiale, è coincisa con l'inizio di un incubo: per quaranta giorni le truppe partigiane e comuniste del maresciallo Tito hanno imperversato a Trieste torturando, uccidendo e deportando migliaia di cittadini innocenti, o talvolta colpevoli solo di essere italiani o anticomunisti. A guerra ormai finita, migliaia di persone hanno perso la vita per mano di partigiani comunisti.

Le foibe di Trieste
di Manlio Visintini – 2011
  
...Graffi sulle rocce
ai bordi delle foibe,
forse dita alla ricerca
d’un appiglio
per non volare
 nel freddo buio.
Urla, nomi e forse
sussurri dal cuore
tingevano di sangue
l’aria azzurra...
Spari nel celeste
spaventavan i passeri
sentinelle sui rami,
vermiglio sommàcco
impallidiva alla Luna,
case vuote,
scrostate,
carretti farciti di cose
verso il nulla,
l’Istria sciolta
come ghiaccio nel bicchiere,
ricordi coperti di brina
luccicano al Sole
come diamanti,
e ancora vaghe urla
salgono dal nero di seppia,
macerandosi e trovando pace
tra le bianche macchie dei caprioli,
tra le loro ciglia,
in questo nostro Carso
dove il vecchio dolore
...è nuova vita.



6 commenti:

  1. Io ancora non mi capacito che ci siano state cose così atroci. Questa delle foibe è forse una tragedia meno nota rispetto ad altre, ma è ugualmente terribile...

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    1. Come dice il Comandante, le atrocità sono tantissime... noi ricordiamo quelle più vicine a noi... si fa quel che si può.

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  2. Bisogna costruire una memoria collettiva per fare in modo di arginare questo tipo di orrori. A Bolzano é stato intitolato uno spazio pubblico a Norma Cossetto, una vittima delle foibe.

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    1. Infatti, la memoria collettiva è importantissima... spero che la scuola sia d'aiuto in questo.

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  3. Lieta di sapere che qualcun altro ricorda anche questo terribile episodio della storia italiana e non solo l'altro, ugualmente atroce, purtroppo durato più a lungo, certamente molto più noto..
    sarebbe bello se fosse dato più spazio a questo giorno...per non dimenticare, mai.

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