Tramite FB ho chiesto l'amicizia ad una compagna delle
scuole medie, un modo carino e discreto per riallacciare i contatti con vecchie
conoscenze che si son perse durante la crescita.
Poi un giorno, leggendo vari post sulla home page del social
network, scopro che, con lo pseudonimo di Sofia Green, ha scritto e pubblicato
un libro che verrà presentato il 27 Aprile a Reggio Emilia durante una cena al
buio, un evento di beneficenza in
favore dell'Unione Italiana Ciechi.
Beh, c'è da chiederlo? Ho comperato subito il libro in formato e-book e mi sono tuffata nella lettura.
Sinossi da Amazon
Io che non avevo mai chiesto, proprio per non sentirmi dire no.
Io che non avevo mai permesso a me stessa di provare piacere, per paura che si mutasse in dolore.
Io che avevo anche evitato di essere felice, per non dover poi soffrire.
Io che spesso non volevo iniziare, per timore che finisse.
Poi, ho smesso.
Anche per me, come
per la protagonista del libro “leggere è come respirare” ma
fermare su carta i propri pensieri richiede un attimo di calma e tranquillità,
cose che ultimamente non ho decisamente avuto a disposizione.
La lettura di questo
libro risale a prima di Pasqua, purtroppo però quest’ultimo periodo è stato
piuttosto caotico, tra il lavoro e gli
impegni delle bambine … quindi arrivavo a sera senza le energie necessarie per
mettermi al computer a scrivere una recensione.
Leggere queste pagine è stato un piacere, si è
trattato di uno di quegli scritti che ti assorbono l’anima e la mente, di quei
libri ai quali ti trovi a ripensare anche durante la giornata, quando la mente
inizia a vagare allontanandosi dalla routine quotidiana.
Non è un libro breve, ma l’ho letteralmente
divorato in circa tre giorni... io leggo
ovunque ci sia un attimo per me, quindi il vaporetto è prezioso: 15 minuti
andare e 15 tornare durante i quali mi isolo dal mondo e mi tuffo nella
lettura. Alla sera, quando le bambine vanno a letto (il marito è a Roma durante
la settimana) mi preparo una tisana e mi concedo alla lettura finché non mi si
chiudono gli occhi.
“Poi,
ho smesso” parla di una rinascita, la storia di una donna che vive intensamente
la fine del proprio matrimonio e contemporaneamente cerca di ricostruirsi
un’identità cambiando il suo modo di essere, di porsi agli altri e persino la
propria professione.
La
storia di una donna che si trasforma come una crisalide, che prende coscienza
lentamente del proprio essere, delle proprie aspettative e d esigenze, che non
devono per forza partire dagli altri od essere in sintonia con quelle di chi le
sta accanto per essere giuste o giustificate.
Cara Sofia,
tuo romanzo è stato coinvolgente,
non ho avuto bisogno di rileggerlo per comprenderlo, è bastata la prima
lettura. Ho annotato molte frasi che mi hanno
dato spunto alcune riflessioni.
Non so se mi sbaglio, ma mi è sembrato molto
autobiografico, quantomeno nell'essenza se non nei dettagli.
Ho
deciso di leggere il libro perché mi ricordavo di Sofia come di una ragazzina molto intelligente e determinata, non
mi ha stupita scoprire la laurea in legge e la conseguente carriera da
avvocato.
Ricordo
che non mi capacitavo per il suo carattere ombroso e per il fatto che fosse
spesso “arrabbiata” con gli altri.
Io
pensavo “è intelligente, è bravissima a scuola, i suoi genitori non avranno
niente da rimproverarle anzi l’adoreranno … perché non dimostra più felicità?”
Quindi mi hanno molto stupita le descrizioni del
rapporto con i genitori, non so se siano solo finzione letteraria, perché
pensavo che vivessi con loro una relazione idilliaca, alle medie di te pensavo
“Perché è spesso scontrosa con gli altri? Perché non è felice e spensierata
quando avrebbe tutte le ragioni per esserlo?"
Ricordo che ti trovavo difficile da approcciare,
come chiusa in un riccio, quasi a
doverti difendere da noi, dagli altri, da quei compagni che forse
intellettualmente non erano alla tua altezza.
Spesso
avrei voluto avvicinarmi a te per capire, ma trovavo la cosa troppo
"laboriosa" e quindi ho lasciato perdere … questa è sempre stata una
mia caratteristica, anche se sembro esuberante, in realtà sono sempre stata una
persona timida, una timida che non sopportando la propria timidezza, cercava di
sconfiggerla giorno dopo giorno.
Però le persone troppo chiuse mi ricordavano
troppo me stessa, quindi alla fine mi allontanavo da loro, quasi temendo di
poter essere risucchiata nella loro “chiusura”.
Quello che
scrivi del rapporto con genitori molto esigenti, che spostavano sempre
l’asticella per poter diventare la figlia perfetta e il conseguente senso di
inadeguatezza, sono esperienza personale?
Non posso
scrivere se non di quello che conosco... ricordi? Quindi scrivo la verità in primis. Poi, la seconda stesura cerca di eliminare i particolari personalissimi e mettere in
risalto quello che, della mia esperienza, può essere comune a molti, se non a
tutti. Io lo chiamo "processo di universalizzazione del vissuto".
Quello che fa o dovrebbe far scattare il cd. riconoscimento nel lettore:
“sì, questa cosa che leggo mi riguarda, la sento mia, è accaduta anche a me...”, allora lo scopo dello scrittore è raggiunto. Ha scritto per gli altri e non (solo) per sè.
Premesso
questo, i genitori esigenti che proiettano sul figlio i loro desideri e le loro
aspettative sono molto più numerosi di quanto Tu immagini. Ho ritrovato questa
problematica in molti figli, alcuni si sforzano di raggiungere un sereno distacco,
altri neppure ne sono consapevoli ma soffrono con eguale intensità.
Appassionante nel tuo libro è la descrizione del percorso
che deve fare la protagonista per liberarsi da tutte le sovrastrutture che la
famiglia, il marito e la vita professionale le avevano imposto, prima di
riuscire a trovare se stessa.
Essendo io diventata mamma per scelta MIA e non per
convenzione, mi hanno molto colpita le considerazioni della protagonista
riguardo alla maternità, avvenimento della mia vita che io avevo invece sempre
dato per scontato e naturale. Probabilmente peccando di leggerezza.
La preoccupazione di ripetere gli errori dei propri
genitori è insita credo in ognuno di
noi, può essere un monito per diventare genitori migliori (o diversi) ma non
credo debba condizionarci a tal punto da temere di essere un danno per i nostri
figli.
“…
essere troppo apprensiva, puntare loro addosso i riflettori,
concepire
delle aspettative sulle loro vite …”
Strada facendo si impara a preoccuparsi per loro senza
essere apprensivi, ad insegnare loro ad avere delle aspettative cercando di
dare dei suggerimenti senza essere soffocanti ma aiutandoli con il nostro
supporto … insomma si impara a fare i genitori un passo alla volta.
Non credi che
la protagonista abbia una sorta di “deformazione professionale” che le fa
analizzare tutto in anticipo con l’intento di risolvere l’intero quadro della
questione prima che esso inizi a prender vita, quasi a poter così eliminare il
rischio di imprevisti? Non so se questo sia possibile in una causa legale … di
certo non lo è per la vita.
Sicuramente
ho marcato questo aspetto caratteriale della protagonista, avendolo ritrovato
in molte persone, soprattutto nelle donne: pianificare, organizzare, prevedere,
pensare in anticipo ,quando si ha in animo di realizzare un progetto. Il
capitolo sulla maternità è forte e sentito: hai ragione quando dici che avere
figli è un evento naturale, quasi scontato. A una condizione: che si sia
raggiunto un grado di consapevolezza sufficiente ad essere un punto di riferimento
per i figli e non vice versa. Troppe volte ho ascoltato racconti pieni di
angoscia di figli che vengono richiesti di fare i genitori... dei loro
genitori!
Sono
d'accordo sul fatto che è impossibile eliminare gli imprevisti dalla propria
vita e, d'altronde: perché volerlo fare? Lasciarsi sorprendere dal domani, da
quello che accadrà fra un mese o fra
un'ora è una delle possibilità più affascinanti del nostro cammino sulla terra.
Sofia ha imparato a lasciarsi andare!
Una delle fragilità della protagonista del romanzo è data
dalla paura di non essere mai all’altezza, di non essere mai abbastanza per
poter essere amata e anche questo la trattiene dall’avere dei figli
“…
tutto il disperato desiderio di piacere, mai abbastanza gratificato, tutta la
solitudine di chi si sente respinto da ogni lato mi trattengono da questa
intrapresa.”
Ora che ha un
nuovo compagno, una persona che la stima
e la ama per ciò che è, senza riserve, mi chiedo se Sofia sia finalmente
riuscita ad amare ed accettare se stessa.
Ho scritto
intenzionalmente una storia a lieto fine. Da adolescente mi piacevano molto i
libri che finivano male e, forse per questo, ho potuto leggere senza fatica
tutti i grandi classisi; con l'età che
avanza, sono più contenta quando il
libro che prendo in mano ha una conclusione positiva o, quanto meno lascia
spazio ad una speranza di miglioramento. Il percoso di Sofia ha esattamente
quello scopo: dimostrare che si può prendere coscienza del proprio passato ed
utilizzarlo per migliorare il presente. Certo, è difficile che gli errori non
si ripetano:, “talvolta quei fantasmi si affacciano ancora oggi, dopo ch'è
trascorso molto tempo. Ora però non c'è più battaglia, mi basta guardarli fisso
in faccia un attimo perché svaniscano come ombre al sorgere del sole”
Ho trovato questo libro rassicurante, nonostante il
travaglio emotivo che attraversa la protagonista, alla fine c’è la
testimonianza della sua rinascita. Una lettura positiva che dimostra come, con
costanza e caparbietà, imparando dai propri errori, si possa raggiungere
l’obbiettivo.
Sicuramente
la caparbietà è parte forte del tuo carattere, ne sono convinta per i ricordi
che ho di te tra i banchi di scuola, ma anche per lo scorcio di vita che mi hai
raccontato su FB. Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Ho scritto
per fare il punto della situazione e per misurarmi con l'ennesima sfida: fin da
quando ho imparato a leggere, è sorto in me il desiderio di emulare gli autori
che stimavo. Non per desiderio di notorietà, ma perché i loro messaggi sono universali,
mi ci sono riconosciuta e mi auguro di poterli trasmettere ad altri.
Che
significato ha avuto per te la stesura di questo romanzo e a chi è “dedicato”,
ovvero a quale pubblico?
La mia intenzione è offrire a ciascun lettore
almeno uno spunto di riflessione, un argomento su cui confrontarsi con gli
amici, anche sulle pagine dei social networks, nei blogs (a quanto pare, almeno
con Te, ho raggiunto lo scopo). Mi piace che le idee universali circolino fra
le persone, si sviluppino; mi piace la dialettica e la critica costruttiva.
Sono convinta che servano a sviluppare l'autoconsapevolezza individuale di cui
c'è tanto bisogno: troppe persone poco o nulla consapevoli fanno molto male. Poi,
ho smesso può apparire un libro dedicato alle donne, ma alcuni lettori già
lo consigliano all'altra metà del cielo come contributo per comprendere sempre
meglio il (misterioso) universo femminile.
Concordo con Sofia, questo libro non è solo per le donne, anzi. Credo che sia un esempio di come si possa cambiare la propria vita se se ne ha la forza e la costanza. Quindi ve ne consiglio la lettura.
Inutile dire che ... aspetto il prossimo libro di questa neo scrittrice!
Con questo post partecipo a I Venerdì del Libro di HomeMadeMamma
Molto bello e molto bella l'intervista, piena di spunti che mi piacciono, anche perché mette in scena meccanismi di auto-proiezione nel mondo che ci sono comunque sempre familiari. Lo comprerò! Io invece ho parlato di un racconto resistenziale per il 25 aprile, che ho anche proposto in calce al post.
RispondiEliminaBella l'iniziativa e bella la tua recensione!
RispondiEliminaVolevo ringraziarti per essere passata da me, e trovo questo bellissimo libro. Mi hai proprio incuriosita!
RispondiEliminaCiao Moni
Che bella la tua scoperta di avere una vecchia amica diventata scrittrice!
RispondiEliminaIl libro mi sembra interessante e poi l'intervista mi ha molto colpito.
Facebook allora serve anche a qualcosa di buono ;-)
Sembra davvero molto bello!
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